Faremo dei rave sull’enterprise

Palchi, piste, casse, spine: dai più piccoli ai più grandi, per i nostri Luoghi le dimensioni non contano. Da bravo Dj, Alberto Antonello ci conduce in un viaggio nostalgico tra i locali dove si faceva festa, cantando e ballando tra quattro mura sacre e sudate, tutti stretti nelle nostre incantevoli bolge.

Ci metti 11 minuti

di Alberto Antonello (aka storico dj Albi SoundPark e promoter)

THIS MUST BE THE PLACE

Ho letto con passione tutti i precedenti contributi di Sottoterra e in ognuno mi ci sono immedesimato.

Ho pensato a lungo a quale potesse essere un punto di partenza per un discorso sensato della scena musicale underground e ho scelto di parlare dei nostri Luoghi, in un momento storico in cui ci è impedito di radunarci e in cui le nostre “cattedrali emotive” stanno chiudendo a tempo indeterminato.

Dai più piccoli ai più grandi, per i nostri Luoghi le dimensioni non contano. Palchi, piste, casse, spine (quelle elettriche e quelle delle birre), ovunque si può essere attrezzati a sufficienza per vivere e rivivere la nostra magia rituale. Non importa se si tratta di un festival internazionale oppure della Casa 139 di Milano o della Mela di Newton di Padova, giusto per cominciare a citare alcuni dei Luoghi che furono, che non ci sono più, ma che hanno contribuito a tessere la tela della scena alternativa delle rispettive città.

Per tanti anni, soprattutto facendo il dj, inizio ottobre è sempre stato inoltre il tempo di grandi bagordi e di feste di apertura della stagione autunno/inverno di molti locali, tornando così a cantare e a ballare tra quattro mura sacre e sudate, tutti stretti nelle nostre incantevoli bolge.

DANCE TO THE UNDERGROUND

Il mio primo club, sia da ballerino che da dj, è stato il Vinile di Rosà, uno dei più longevi Rock Club di Italia. Non a caso è un Luogo fisicamente “sottoterra” e sono fiero di averci lasciato anche un po’ di sangue e sette punti di sutura. Con il ghiaccio in testa dopo un giro al Pronto Soccorso, sono tornato per ballare “Praise You” di Fatboy Slim.

Quello che mi piacerebbe fare emergere è la solidità e l’importanza della relazione strettissima tra tutte le persone che hanno frequentato determinati posti. C’è sempre stata una fluidità e una complicità difficile da descrivere tra gestori, band, promoter, deejay e pubblico. Da qui sono nate saghe epiche, che hanno occupato tanti dei nostri anni, che ci hanno fatto crescere e hanno influenzato in qualche maniera il nostro modo di stare al mondo.

Una premessa che avrei dovuto fare prima di tutti questi discorsi è che non sono mai stato un musicista, ma da quasi vent’anni mi diletto senza nessuna presunzione artistica a “mettere dischi” in questi Luoghi nella speranza di far divertire le persone. Io mi sono divertito tantissimo, sperando di non essermela suonata e cantata da solo. Ho avuto l’immensa fortuna di passare una sfilza interminabile di serate tra la consolle e la pista da ballo e questo mi ha portato a vivere la “scena” in tantissime sue sfumature.

Ho sempre amato alla follia i posti che riuscivano ad abbinare i live alla serata danzante: Banale, Vinile, New Age, Unwound, Pop Corn, Mame Club, solo per citare alcuni dei più frequentati e che per anni hanno rappresentato in maniera diversa la mecca del “ballo alternativo”, dell’indie nel senso originario della parola, dove potersi godere sia le chitarre che le casse dritte, dove le canzoni sembravano preghiere su rosari da sgranare tutta la notte.

Abbiamo citato solo Luoghi racchiusi in un fazzoletto di terra tra le provincie di Padova, Vicenza, Treviso e Venezia. Questo filo sottile si è sempre snodato negli anni su lunghezze ben più ampie, dalle serate Whatever all’Etnoblog di Trieste fino al Mi Ami di Milano, dal Covo a Bologna al Circolo degli Artisti di Roma.

Il tic per questo tipo di attitudine me lo sono sempre portato anche fuori dai confini nazionali. Ho sempre cercato di trovare in ogni città un club che avesse una proposta musicale indie e quindi un Luogo in cui riconoscersi. Questa era la prerogativa per un viaggio perfetto. Qualcosa da raccomandarvi non appena ce ne sarà la possibilità? Di sicuro sono speciali il Koko e il Purple Turtle a Camden Town, il Razzmatazz di Barcellona e il Paradiso di Amsterdam. Grandi sorprese anche nei bar di rue Oberkampf a Parigi, come negli ostelli e nei campeggi più improbabili. I Luoghi alla fine siamo noi, come un circo itinerante che si sposta con il suo spettacolo.

DUE DI NOTTE SU MYSPACE

Se siete arrivati a leggere fino a qui, vi meritate una sacco di musica. Ci tenevo a presentarvi un paio di mixati, il primo con uno spaccato della scena indie di 12/13 anni fa e il secondo invece estremamente contemporaneo, giusto per gustarvi sia le evoluzioni stilistiche che gli elementi di affinità.

Li ho caricati su Mixcloud che è meglio di Spotify, perché il racconto non si interrompe mai, non si può skippare da un pezzo all’altro e soprattutto si possono inserire dei pezzi che non sono mai stati “censiti” digitalmente.

Il primo mix, “Due di Notte su Myspace”, è un densissimo spaccato della scena alternativa italiana tra il 2006 e il 2008, gli anni in cui si iniziavano ad usare i social network, i primi Luoghi non reali. Il primo è stato appunto Myspace, quasi interamente music oriented. Era molto utile soprattutto per le band per promuoversi e alle persone per darsi appuntamento in giro. Che spasso, energia pura, lontani anni luce da complottismi, fake news, algoritmi e buongiornissimi.

La compila la potete ascoltare qui, mentre qui una guida all’ascolto. Ci troverete dentro Trabant, Merci Miss Monroe, Annie Hall, Edwood e tanto altro.

“Indievisible Youth” è invece un’istantanea sul presente, con buona parte di band venete (ce le ho sotto il naso e non posso che restarne affascinato) e altre dal resto della pensiola. Qui per ascoltarvela e qui per leggere una serie aggiuntiva di parole sulla questione. Buona ascolto con Jesse The Faccio, Post Nebbia, Bartolini, Any Other e compagnia cantante.

LA GIGANTESCA SCRITTA IN’S

Chiudo questa mia lunga e sconnessa digressione sui Luoghi e sull’underground di oggi e di allora, lanciando un po’ di evocazioni che è riuscito a suscitarmi Vasco Brondi, proprio a partire dagli anni di Myspace.

Il suo primissimo demo, 8 canzoni autoprodotte e accartocciate in un foglio con un sacco di parole sopra, l’ho acquistato dopo un live al Banale estivo di Padova nel 2007 quando si è esibito in apertura ad Alessandro Raina, ovviamente con il moniker “Le Luci della Centrale Elettrica”. Una semplice curiosità verso un artista allora sconosciuto mi aveva portato a compiere un’azione che ho fatto spesso (anche se ammetto che oggi accade più di rado), ovvero portarmi a casa qualcosa di fisico dopo un live. Quel demo oggi è una sorta di cimelio

L’anno successivo, sempre con Vasco, ho partecipato a una sua intervista con gli amici di Radio Bue e in cui anch’io facevo alcune domande. Eravamo seduti fuori dal Vinile, citato poco più sopra, sorseggiando Jack & Cola. In quell’occasione avevo acquistato il suo primo cd ufficiale che di lì a poco, dopo averlo ascoltato un po’, ho regalato una sera a una mia amica per il semplice fatto che le piaceva e non avevo modo nell’istante di farle una copia. Mi viene da pensare a quanto bello era maneggiare le cose materiali, passarsele, regalarsele o semplicemente costruire un contenuto che non doveva per forza finire in rete, in quest’ultimo caso semplicemente in radio.

Tutto era così materico, proprio come “La Gigantesca Scritta Coop” che appariva nel demo di Vasco e che iniziava ad essere evocata nei miei pensieri (e non solo nei miei) ogni volta che si passava di fronte a un supermercato.  A tal proposito volevo far notare agli amici di Arcella Bella a Padova che voi c’avete “La Gigantesca Scritta IN’S” proprio dietro il palco e direi che si addice benissimo al contesto, visti anche i colori.

Sempre il buon Vasco inoltre ha reso meno noiosi i viaggi notturni verso Padova, di ritorno dalle eroiche spedizioni bolognesi. All’altezza di Ferrara Nord adesso è sempre uno spettacolo godersi Le Luci, girando lo sguardo verso destra.

Chiudiamo ora per davvero questo lungo scritto, con un’ultima evocazione e con un (non) Luogo che potrebbe essere la nostra ultima ed unica soluzione per salvarci, quell’Enterprise su cui davvero un giorno vorrei farci un rave, sono sicuro che verreste anche voi.