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La zuppa di Baseball Gregg

Baseball Gregg ci trascina nella "meritocratica" violenta e sregolata America. E lo fa parlando dei suoi genitori che si sono conosciuti in terza elementare, del suo amico Arturo anima persa, delle torri gemelle, di pistole puntate, coltelli e pasticche prese come fossero caramelle.

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di SAMUEL REGAN – Baseball Gregg 

I miei genitori si sono conosciuti all’inizio della terza elementare. Entrambi sono del ’57, ed entrambi sono cresciuti nelle periferie di Chicago, in un quartiere di cattolici irlandesi. Oltre agli irlandesi c’era un’unica famiglia italiana in quel quartiere. Un giorno, la casa degli italiani fu derubata. Il padre fece qualche telefonata, e la mattina del giorno dopo tutta la roba rubata agli italiani era riapparsa, appoggiata in ordine nel praticello suburbano.

Mia mamma è scappata a Phoenix, fuggendo dalla rigidità dei suoi genitori e dai suoi otto fratelli maschi per andare all’Università dell’Arizona. Dopo la laurea, mio padre ha trovato lavoro nella valle centrale della California. Ha accettato il lavoro per essere vicino a mia mamma, senza aver calcolato che, nonostante il fatto che California e Arizona siano confinanti, era ancora a circa dodici ore di macchina da mia madre. Tempo dopo si sono trasferiti assieme a Stockton, in California, una città agricola alla fine del delta della baia di San Francisco. Sono nato lì, in una città né piccola né grande, piuttosto povera, con immigrati da tutto il mondo.

Due aeroplani hanno fatto crollare le torri gemelle all’inizio del mio terzo anno di scuole elementari. Mia sorella mi svegliò l’11 settembre, dicendomi che un grattacielo di New York bruciava. Mi sono riaddormentato; la notizia non mi aveva impressionato. Magari ho sempre avuto un cuore freddo, o magari avevo già capito che la violenza è l’acqua in cui nuotiamo naturalmente noi americani. Ero già intorpidito e annoiato. Qualche giorno dopo, ascoltando alla radio del pericolo del terrorismo, sentendo di quella paura mistica e insicura, ho capito per la prima volta che la violenza non è sempre casuale, che non è sempre una nuvola distante ed impersonale che si svolge in qualche paese lontano. La violenza tocca le persone, e poteva toccare anche le persone americane.

Nel 2008 ci fu un referendum in California per de-legalizzare i matrimoni gay. Si vedevano ovunque gli adesivi gialli con una silhouette di una famiglia, “yes on prop 8.” I miei votarono “sì”.

Il proposition vinse, ed i gay non potevano più sposarsi. In quel periodo, pensavo spesso al mio amico Matt. Era molto figo, e volevo tanto che lui pensasse bene di me. Qualche anno dopo, provai un sentimento simile per un altro mio amico. Poi per un mio insegnante maschio.

Pensavo spesso a questi maschi quando stavo da solo; in letto prima di dormire, mentre facevo la doccia, mentre ascoltavo la musica.

6.500.000 case americane furono ipotecate dalle banche durante i miei primi tre anni di liceo.

C’erano sempre nuovi studenti alla mia scuola, si trasferivano da ogni parte del mondo con i loro genitori e andavano ad abitare con dei nonni o degli zii. Erano sempre persone molto strane, persone perse. Spesso i loro zii non li volevano in casa, quindi stavano al parco tutto il giorno e un bel po’ della sera. In realtà questi ragazzi persi nel parco non erano sempre ragazzi.

A 15 anni ho fatto amicizia con delle persone perse di 25 o 30 anni. Ci compravano l’alcol per le feste di venerdì sera. Una volta, uno di questi adulti ragazzi ci disse che vendeva il plasma alla banca del sangue, poi usava i soldi per comprare dell’erba. Ci disse che quando hai meno sangue, l’erba ti dà una botta più forte.

Il mio caro amico Arturo era tra quelli che persero la casa: lui e la sua famiglia andarono a stare presso degli zii, da un’altra parte della città. Adesso abitavano fuori dal distretto della scuola.

Arturo, che aveva imparato l’inglese quando era arrivato nel paese a 9 anni, prese un voto F nel suo corso di letteratura inglese. Venne espulso dalla scuola. Suo fratello minore Ulises era invece uno studente esemplare con voti altissimi, e dunque lui poteva restare: alzava le statistiche della scuola, una metrica che aiutava gli studenti più ricchi ad entrare nelle università élite. Una mela marcia – invece – rovina tutte le altre, quindi Arturo venne trasferito in un’altra scuola. Viva la meritocrazia!

I reclutatori militari erano un sintomo della povertà. Stavano spesso allo skatepark, vestiti da guerra. Spesso, durante la pausa pranzo, ci parlavano. Regalavano matite e quaderni mimetici con il logo dell’esercito. Noi scherzavamo, dicendo che non riuscivamo a vederli. Un giorno chiesi loro una tavola periodica del brand dell’esercito. Mi dissero che non sembravo abbastanza intelligente per capire la chimica. Ci chiesero se volevamo finire sulle strade di Stockton con la faccia riversa in una pozzanghera di sangue, o se avremmo preferito buttarci da un aereo con un paracadute e un’arma in Iraq. Un giorno i reclutatori prendevano per il culo uno studente gamer. Poco dopo, lo studente gamer ha gettato loro una mela ai 100 km/ora. La mela è esplosa contro il cervello del soldato.

Dopo che Arturo cambiò scuola, nessuno ebbe modo di parlargli per due anni. Vedevamo Ulises ogni tanto a scuola, e gli chiedevamo di suo fratello, ma lui era sempre molto evasivo; è in banca, ora non può parlare, sta facendo il bucato, in questo momento non è in casa.

Chiamavamo spesso al telefono Arturo, però non rispondeva mai. Un giorno, poi, è tornato: ci disse che era stato dal dentista. Ai miei genitori Arturo raccontò che i militari cileni stavano cercando di arruolarlo.

Una studentessa bianca molto popolare a scuola morì. Aveva preso quattro Xanax mentre si ubriacava e non si è più svegliata. La scuola ha celebrato a lungo la sua morte, facendo di lei un esempio e sfruttandola per la promozione contro le droghe. All’epoca c’era una droga molto popolare, il Thizz. C’erano tanti tipi diversi di pillole con nomi infantili: Blue Playstation, Yellow Pikachu, Red Dolphin. In teoria era venduta come MDMA, però tutti sapevano che di MDMA ce n’era ben poco. Si vociferava che i Thizz blu erano fatti con il crack, quelli gialli erano fatti con l’eroina, mentre quelli rossi erano fatti col meth. Una volta uno di quegli studenti che vivevano con gli zii prese un thizz rosso, e non si addormentò per 3 giorni. Grattò via metà della pelle dalla faccia. I ragazzi prendevano pillole tutti i giorni nei bagni della scuola. Più tardi nello stesso anno una studentessa timida si suicidò buttandosi sotto un treno. Era messicana. La scuola non ha detto praticamente niente.

Un giorno un mio amico portò un coltello alla scuola. Non capii bene il perché, però voleva accoltellare un altro studente che l’aveva offeso. Quello è stato il momento in cui capii che non avrei potuto sempre proteggermi, che non si può vivere separati e isolati nel proprio mondo. Il melting pot d’assimilazione funzionava; bollivamo tutti nella stessa zuppa di violenza. I sapori si mischiano.

A me piaceva andare in skate e suonare la chitarra, però mia mamma mi ha obbligato a iscrivermi ad uno sport ufficiale della scuola: voleva che trovassi degli amici “bravi” che erano coinvolti nelle attività scolastiche. Ho giocato a calcio, però ho fatto amicizia altrove.

All’inizio del 2008 io e due amici eravamo al parco quando siamo stati derubati da due persone con la pistola. Hanno preso i nostri flip-phone. Il mio amico Christian ha chiesto ai ladri, “posso togliere la mia SIM?”. Non hanno acconsentito. Due anni dopo, ho visto un’altra pistola nello stesso parco. Un tizio me l’aveva puntata in faccia. Poco dopo il suo amico mi ha chiesto scusa, “don’t worry about him, he’s just really high.” Ahhh, allora polleg.